
La moda nella serie tv "La regina degli scacchi" Come la nuova serie di Netflix ha reso il gioco degli scacchi sorprendentemente cool
Dopo il controverso hype di Emily in Paris, Netflix torna a conquistare il pubblico con The Queen's Gambit, una serie ispirata all’omonimo romanzo di Walter Tevis, uscito nel 1983 e pubblicato in Italia da minimum fax. In poche settimane, il progetto, che in origine doveva essere un film diretto da Heath Ledger, è entrato nella lista degli show più popolari della piattaforma di streaming, ha raggiunto il 100% di consensi su Rotten Tomatoes ed è già considerato dalla critica la migliore miniserie del 2020. Merito di una serie di ingredienti che funzionano: la storia, nella quale gli scacchi diventano mezzo di women empowerment; l’ottima interpretazione di Anya Taylor-Joy che, con il suo viso da aliena d’antan, incarna benissimo un’eroina imperfetta, emancipata e per nulla stereotipata; un’estetica anni ’50-’60 fatta di abitini mods, make-up grafico e case arredate in stile grandmillenial.
La storia
Kentucky, anni ‘50. Elizabeth "Beth" Harmon ha otto anni quando, dopo la morte della madre in un incidente stradale, finisce in orfanotrofio. Qui, fa due incontri che le cambiano la vita: il primo con le benzodiazepine, distribuite dalla struttura come "vitamine" e per cui sviluppa una dipendenza; il secondo, e più importante, con gli scacchi, grazie a Mr. Shaibel, il custode, che, intuendone fin da subito l’enorme potenziale, le insegna le regole del gioco. Beth con le sue strategie brillanti e il sangue freddo continua ad esercitarsi e, battendo ogni avversario, fa sbocciare il suo talento fino a raggiungere i vertici della classifica mondiale. Nel corso di 7 puntate, la scacchista passa da timida adolescente ad adulta inquieta e glamour che, con i suoi capelli rossi, l’eye-liner perfetto e le doti da enfant prodige si fa strada in un mondo dominato da uomini (quello di cavalli e pedoni, ma anche quello della Guerra Fredda e dello sconto USA-Unione Sovietica). Tra gare e successo, dipendenza da droghe e alcol, nevrosi e solitudine, Beth riesce a trovare il suo posto sulla scacchiera, regina imperfetta, bella, intelligente, fragile ed allo stesso tempo fortissima, ma sempre fedele a se stessa.
Moda e beauty
Uno dei maggiori punti di forza di La regina degli scacchi è l’estetica anni ’50-’60 che coinvolge ogni aspetto della serie, dalle location ai costumi, dal beauty alla soundtrack. Grazie all’attenta sceneggiatura di Allan Scott e da Scott Frank, Beth è un personaggio brillantemente complesso, in bilico tra intelligenza ed eccentricità, così emancipata e lontana da stereotipi, da non sacrificare il proprio amore per la moda per evitare di essere giudicata frivola dai suoi avversari o dalla società. Il suo guardaroba, creato ad arte da Gabriele Binder, si ispira alle outsider dell’epoca come Jean Seberg o Edie Sedgwick, ma ci sono anche riferimenti allo stile Biba e a Jackie Kennedy e Audrey Hepburn.
Il caschetto rosso è l’elemento che meglio identifica il personaggio interpretato da Anya Taylor-Joy. Nel corso delle puntate, grazie ad una serie di parrucche, la chioma naturale castano scuro dell’attrice si declina in look molto distanti tra loro.
A seconda dell’epoca della storia il colore è più ambrato o più tendente al biondo, così come l’haircut che da bambina è in versione ultra corta con la frangetta, passa poi al bob leggermente scalato, sinuoso con le onde e la riga da parte, fino ad arrivare al caschetto lungo che sfiora le spalle con punte all'insù dell'ultima puntata. L’ispirazione? Il taglio creato nel 1961 da Kenneth Battelle, il parrucchiere newyorchese più in voga dell’epoca.