
Cosa significa moda sostenibile? Il mondo della moda si colora di green, ma attenzione
Negli ultimi anni il tema della sostenibilità, sgomitando, è riuscito ad essere riconosciuto anche dalle maison di moda più famose, innescando una reazione a catena tra i brand e diventando, così, una vera e propria tendenza fashion. Infatti, sebbene risulti impossibile per la problematica dei ritmi serrati di produzione, la sostenibilità è riuscita a toccare anche il fast fashion. Zara, per esempio, ha promesso di impegnarsi ad utilizzare materiali riciclati o più sostenibili come il cotone, lino e poliestere, arrivando a realizzare il 100% dei capi con questi tessuti entro il 2025. Un atteggiamento simile lo ha avuto Primark, il quale nell’ultima campagna “Time for Change. A Better Future”, presenta una vasta gamma di prodotti realizzati in materiali sostenibili. Uniqlo, invece, ha deciso di realizzare una capsule collection chiamata “Dry-Ex”, realizzata grazie al riciclo di bottiglie di plastica, e utilizza tecniche di lavaggio innovative che riducono del 99% l'utilizzo di acqua.
Ethical fashion o greenwashing?
Sarà vera l’intenzione di determinati brand, anche quelli più impensabili, di approcciarsi ad un’etica più eco-friendly? Oppure è solo una trovata di marketing, in modo da lavarsene temporaneamente le mani cavalcando l’onda della tendenza? Solo il tempo sarà in grado di darci una risposta. Intanto, sono molti i brand famosi che hanno già dato una sferzata alla loro filosofia. Regina indiscussa della moda sostenibile è certamente Stella McCartney, che già da tempo ha mostrato la sua etica eco-friendly in diverse iniziative. Nel 2001 la stilista ha deciso di non utilizzare più pelle animale nelle collezioni e pochi anni dopo (2008) di utilizzare il cotone biologico.
La nuova normativa sul greenwashing
La normativa anti greenwashing dell'Unione Europea, recentemente modificata per rafforzare il percorso di transizione verde, ha suscitato un impatto significativo sui consumatori. Le modifiche agli atti legislativi del 2005 e del 2011, riguardanti le pratiche commerciali scorrette e i diritti dei consumatori, mirano a porre fine alle frodi diffuse nel marketing ambientale. Questa direttiva, inoltre, pone fine a pratiche come false dichiarazioni ambientali, informazioni ingannevoli sulle caratteristiche sociali dei prodotti o delle aziende, etichette di sostenibilità poco trasparenti e poco credibili. Finalmente!
La moda circolare
Per evitare il greenwashing, si può sempre rivolgersi al mercato del second hand. Oltre ai veterani Vestiaire Collective (in cui ha recentemente investito anche il gruppo Kering) e The Vintage Bar, che selezionano prodotti vintage dei marchi più desiderati, c’è Depop, piattaforma di acquisto e di vendita dove “chi cerca, trova”. Orgoglio italiano, invece, è Renoon, l’app che raccoglie tutti i capi o accessori prettamente realizzati con materiali sostenibili. Insomma, che aspettate? Date il via al circular fashion!